Collezionismo,  Interviste

L’autrice italiana di Lady Oscar

Noi fan della prima ora di Lady Oscar abbiamo avuto come oggetti simbolo le pubblicazioni del Gruppo editoriale Fabbri, in particolare Il romanzo di Lady Oscar, che si metteva nella felice tradizione iniziata con quelli su Candy Candy, a cui seguì Il ritorno di Lady Oscar. Li ho ancora nella mia libreria e ne sono molto orgogliosa, sono un qualcosa di cui vado fiera.
Ho avuto l’onore di riuscire a contattare Marina Marazza, scrittrice ed editor, che sotto il nome di Marina Migliavacca scrisse i due libri. E’ nota anche come Marina Montemayer e Vivienne d’Ogier a chi ama i romanzi storici. Ma lascio la parola a lei, ricordando il suo sito ufficiale  la sua pagina su Facebook.  e il suo profilo Instagram.

 

Come arrivò ad occuparsi dei due libri su Lady Oscar per Fabbri?

All’epoca ero una ragazza di poco più di vent’anni, fresca di studi classici, e avevo già scritto romanzi storici per adulti e per ragazzi, con una predilezione per il periodo della Rivoluzione francese. Così sono stata chiamata dal grande Mario Andreose, che era direttore dei libri del gruppo Fabbri e sapeva che ero appassionatissima proprio del periodo che fa da sfondo alle vicende di Lady Oscar, le cui avventure in cartone animato erano appena arrivate in Italia. Gli era sembrato che potessi essere la persona giusta per farne una novellizzazione, sia per le mie conoscenze sull’epoca sia per il fatto che la protagonista avrebbe potuto piacermi molto: e aveva perfettamente ragione. Conoscere Oscar e adorarla è stato tutt’uno.

Cosa la colpì di questo personaggio?
Uno dei motivi per i quali, da bambina solitaria, mi ero messa a scrivere, era che non ne potevo più di eroi maschi salvatori di fanciulle in pericolo. Per dare l’idea, fin dalla prima media avevo scritto un romanzetto anti-Zorro dove il giustiziere mascherato era finalmente una ragazza, altro che don Diego. Figurarsi quindi quando, anni dopo, ho avuto per le mani una figura romantica, tormentata e sfaccettata come Oscar. La corte di Versailles mi era familiare, Maria Antonietta la conoscevo bene. L’autrice giapponese Riyoko Ikeda aveva letto la vecchia classica biografia dello storico austriaco Zweig, io conoscevo anche i mémoirs della dama di compagnia della regina, Madame de Campan, e il Castelot… avevo in mano la materia, diciamo. Cosa importante, perché dovevo scrivere in fretta, l’editore voleva uscire subito per non perdere l’onda d’interesse suscitato dagli episodi, trasmessi in tv in primavera.

Qual è stato il pezzo che le è piaciuto di più scrivere?
Forse il seguito, il Ritorno di Lady Oscar, che mi permetteva una maggiore libertà creativa rispetto alla novelization della serie. Del resto anche Riyoko qualche anno dopo si sarebbe fatta prendere dal fascino del periodo napoleonico, raccontandolo in quello che considerava il sequel di Lady Oscar, dal Termidoro in avanti…

Riguardo al seguito quali furono le criticità maggiori?
Resuscitare Oscar… ma del resto, come dice Rosalie nelle ultime pagine del Romanzo, Oscar è immortale, non è vero? Mi sono permessa un taglio dumasiano, se non salgariano, con l’espediente del diario, e personaggi storici di grande impatto emozionale a disposizione: Giuseppina Beauharnais, Andrea Chénier, Simon Bolivar, Napoleone in persona, con tutta l’evoluzione del giovane artigliere rivoluzionario in tiranno e il rapporto tormentato dell’imperatore con Oscar che lui ricorderà fin nei suoi ultimi disperati giorni a Sant’Elena… Situazioni molto coinvolgenti che ho adorato descrivere.

Ha qualche aneddoto da raccontare, sul lavoro o i rapporti con i fan?
Chi scrive ha fantasia e mi piace cullarmi nell’illusione che forse l’interesse della grande Riyoko per quel Napoleone che sarà protagonista della sua seconda saga, “Eroica”, possa aver preso spunto dalle mie pagine del Ritorno di Lady Oscar. Quel romanzo ha avuto un estimatore d’eccezione, il grandissimo Roberto Denti, il famoso scrittore, critico letterario, anima della Libreria dei ragazzi di Milano, che lo considerava bellissimo e, con la memoria da Pico della Mirandola che aveva, mi recitava sognante i versi strappacuore del giovane Chénier, scritti prima di porgere il collo alla ghigliottina, che io avevo messo in quelle pagine… Numerosi lettori e lettrici hanno scritto di aver apprezzato moltissimo il seguito, di aver adorato l’espediente del diario, di aver amato la nuova Oscar maturata dal dolore… tutte cose molto lusinghiere. Ovviamente c’è stato chi non voleva accettare il sequel, come sempre capita, considerandolo unfair: Oscar muore alla Bastiglia, non c’è spazio per altra narrazione. Per i fan di André, poi, la sua mancanza è intollerabile, e il fatto che lui viva costantemente nel ricordo di Oscar non basta. Tutti i punti di vista meritano rispetto, ma il sequel mi ha dato molte soddisfazioni.

Secondo lei, come e perché Oscar è ancora un personaggio così valido oggi?
Oscar ha dentro una incredibile modernità, è un vulcano di spunti e suggestioni, è avventurosa, romantica, contraddittoria, agisce su uno scenario storico “in costume”, ricchissimo e articolato, punta su tematiche sociali oltre che di genere e fa battere il cuore. Quando la sua autrice l’ha inventata aveva poco più vent’anni, e lo ha fatto nel novero di quei manga shojo dedicati a un target femminile giovane in un momento preciso in cui in Giappone il ruolo delle donne stava cambiando: Oscar è una promessa di emancipazione, per certi versi una promessa brillantemente mantenuta, anche se c’è ancora strada da fare… A Riyoko il presidente Sarkozy ha conferito la Legion d’Onore – e ha fatto benissimo. Credo che il quarantesimo anniversario di Lady Oscar in Italia sia una bella occasione per ritrovarla nella sua pienezza, dopo tanti studi e approfondimenti su di lei, e di farla conoscere a un pubblico ancora più vasto.